Questa nuotatrice Italo-Nigeriana (se ancora qualcuno non comprende che vi sono persone con doppia cittadinanza!!!) rappresenta una delle sue nazioni d’appartenenza ma, pare, il colore della sua pelle non sia gradita ad una certa nicchia di benpensanti. Perché secondo loro non esistono italiani neri, ma neanche Mixed, a quanto pare.
Sara Curtis, italo-nigeriana, rappresenta l’Italia, ma la sua italianità viene messa in discussione a causa del colore della sua pelle ed è purtroppo emblematico di una parte del Paese che fatica ad aggiornare la propria idea di identità nazionale.
In Italia (come altrove), esiste ancora una concezione vecchia, monolitica e culturalmente “bianca” di cosa significhi essere italiano. Per molte persone, l’italianità è ancora legata a tratti somatici, a un’origine familiare “pura” e a stereotipi etnici. Questo approccio ignora completamente la realtà: l’Italia è già da tempo una nazione multietnica e multiculturale, che comprende cittadini neri, asiatici, arabi, mixed race – italiani a tutti gli effetti, per nascita, cultura, lingua, contributo alla società.
Il rifiuto di accettare che esistano italiani neri o misti è un sintomo di un razzismo strutturale che non si manifesta solo con insulti o discriminazioni evidenti, ma anche con atteggiamenti più sottili: lo stupore nel sentire un italiano nero parlare perfettamente l’italiano, l’idea che sia “ospite” o “straniero”, o ancora la costante richiesta: “Ma di dove sei davvero?”
La doppia cittadinanza, in questo contesto, viene vista non come un arricchimento, ma quasi come un problema. E invece è una realtà sempre più comune in un mondo globalizzato. Questa nuotatrice non è meno italiana perché ha anche un’altra nazionalità: è italiana e nigeriana, con orgoglio.
Il punto non è solo includere, ma ridefinire l’identità italiana in modo più aperto, più aderente alla realtà attuale, più rispettoso delle storie di tutti. L’Italia ha bisogno di fare un passo avanti: riconoscere che essere italiano non significa avere un solo tipo di volto o una sola origine.
Significa condividere valori, cultura, esperienze, lingua … non necessariamente tratti somatici o una genealogia “autoctona” e ininterrotta.
Le nuove generazioni di italiani, figli dell’immigrazione, nati e cresciuti sul territorio, con cittadinanza italiana, non sono “nuovi italiani”: sono italiani, punto. E ogni volta che la loro appartenenza viene messa in dubbio, si sta compiendo una forma di esclusione che indebolisce la società tutta.
La storia d’Italia, del resto, non è mai stata monocorde. Da secoli il Paese è un crocevia di influenze culturali, linguistiche e genetiche: greci, arabi, normanni, spagnoli, austriaci – tutte presenze che hanno contribuito a formare il mosaico italiano. L’Italia ha sempre avuto una pluralità interna, tra Nord e Sud, isole e continente, città e campagne. Pensare oggi a un’identità “pura” non solo è un errore storico, ma è anche un ostacolo per il futuro.
Il caso di Sara Curtis è emblematico perché ci ricorda quanto ci sia ancora da fare. Non basta che un’atleta porti medaglie e successi: se non la riconosciamo pienamente come italiana, abbiamo perso tutti. Lo sport, che dovrebbe unire, mostra talvolta i limiti di una società che ancora si interroga se una persona con la pelle scura possa rappresentare il tricolore.
È tempo di cambiare paradigma. Di non chiedere più “da dove vieni davvero”, ma “come stai”, “cosa sogni”, “cosa puoi insegnarci”. È tempo di ascoltare, valorizzare e riconoscere tutte le italianità che abitano questo Paese. Perché finché ci sarà chi viene escluso dal racconto nazionale, l’Italia sarà incompleta.
Riconoscere la complessità dell’identità nazionale non è solo un atto di giustizia, è anche un gesto di amore verso il Paese: renderlo più giusto, più vero, più forte. E più bello.
𝑳𝒖𝒊𝒔𝒂 𝑪𝒂𝒔𝒂𝒈𝒓𝒂𝒏𝒅𝒆 | 𝑩𝒖𝒔𝒊𝒏𝒆𝒔𝒔 𝑬𝒙𝒆𝒄𝒖𝒕𝒊𝒗𝒆 | 𝑫𝒆𝒗𝒆𝒍𝒐𝒑𝒎𝒆𝒏𝒕𝒂𝒍 𝑺𝒆𝒏𝒊𝒐𝒓 𝑴𝒆𝒏𝒕𝒐𝒓 | 𝑻𝒆𝒆𝒏 𝑴𝒊𝒏𝒅𝒔𝒆𝒕 𝑪𝒐𝒂𝒄𝒉 | 𝑫𝒊𝒗𝒆𝒓𝒔𝒊𝒕𝒚 𝑻𝒓𝒂𝒊𝒏𝒆𝒓 | Autrice di “𝗘𝗱𝘂𝗰𝗮𝗿𝗲 𝗹’𝗶𝗱𝗲𝗻𝘁𝗶𝘁𝗮̀ 𝗰𝘂𝗹𝘁𝘂𝗿𝗮𝗹𝗲 – 𝗨𝗻𝗮 𝗴𝘂𝗶𝗱𝗮 𝗽𝗲𝗿 𝗰𝗿𝗲𝘀𝗰𝗲𝗿𝗲 𝗰𝗼𝗻𝘀𝗮𝗽𝗲𝘃𝗼𝗹𝗶 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗲 𝗽𝗿𝗼𝗽𝗿𝗶𝗲 𝗰𝘂𝗹𝘁𝘂𝗿𝗲 𝗲 𝘁𝗿𝗮𝗱𝗶𝘇𝗶𝗼𝗻𝗶”