Siamo sicuri che fuori dalla la tua comfort zone, vi sia la felicità che cerchi?

C’è una trappola nella vita di ogni persona. La trappola si chiama “zona di comfort” ed è uno spazio dove molte persone si adagiano perché si sentono al sicuro in quanto in questa zona ci si sente protetti, stress e rischi sono ridotti al minimo e ciò ci fornisce uno stato di sicurezza mentale. La zona di comfort crea dei confini invisibili oltre ai quali non ci si azzarda ad andare perché l’ansia aumenterebbe, i rischi si farebbero più forti e le certezze non esisterebbero più.

davide-bonazzi-comfortzone1_orig

Eliminate il superfluo, enfatizzate la comodità e riconoscete l’eleganza del poco complicato. Illustrazione di Davide Bonazzi.

Discutevo con Talita, una carissima amica d’infanzia, nell’intento di tirale su di morale per il brutto periodo che stava passando, e, ad un certo punto, notando la sua apatia alle mie parole, mi è uscita, di petto e con tutto l’amore possibile, la considerazione che per riappropriarsi del timone della propria vita, era essenziale muoversi ora, senza procrastinare. La esortai, con tutta la rabbia che avevo dentro in quel momento per il suo essere inerme, di uscire dalla sua comfort zone e darsi da fare per virare la brutta abitudine di abituarsi all’abitudine stessa (bello questo giro di parole!). Mi venne in mente, e, gliela raccontai, la storiella Zen della mucca e di come fosse necessario uccidere quella mucca che era in lei.

Un saggio Maestro che passeggiava tra i campi con il suo discepolo. Un giorno, si trovarono davanti a una casa di legno abitata da una coppia con i suoi tre figli. Andavano tutti malconci, con vestiti stracciati e sporchi. I loro piedi scalzi, l’ambiente intorno a loro terribilmente povero.

Il Maestro chiese al capofamiglia come facessero a sopravvivere, dato che nei dintorni non esistevano né industrie né commercio, oltre a non vedersi ricchezza alcuna nei paraggi. Con molta calma, il padre gli rispose: “Guardi, abbiamo una mucca che ci rende vari litri di latte al giorno. Ne vendiamo una parte e con il denaro compriamo altre cose, mentre l’altra parte la consumiamo noi. Così possiamo sopravvivere”.

Il Maestro ringraziò per l’informazione, salutò e se ne andò. Allontanatosi, disse al suo discepolo: “Cerca la mucca, conducila fino al precipizio e spingila nel dirupo.

Il giovane restó attonito, la mucca era l’unico mezzo di sostentamento di quell’umile famiglia. Ma pensò che il suo Maestro aveva le sue ragioni per chiedergli un atto simile e, con grande sforzo, condusse la mucca verso il precipizio e la spinse giù. Quella terribile scena rimase impressa nella sua mente per molti anni.

Molto tempo dopo il discepolo, sentendosi in colpa per quello che aveva fatto, decise di lasciare il Maestro per tornare in quel luogo e chiedere perdono alla famiglia a cui aveva provocato un grosso danno. Mentre s’avvicinava, notò che tutto era cambiato. Una preziosa casa con alberi tutt’attorno, tanti bambini che giocavano e un’automobile parcheggiata all’esterno.

Il giovane si sentì ancora più triste e disperato pensando che quell’umile famiglia avesse venduto tutto per sopravvivere. Quando chiese di loro, gli risposero che erano sempre lì, che non se n’erano andati. Entrò di corsa in casa e realizzò che era davvero abitata dalla stessa famiglia di allora. Così, chiese al capofamiglia che cosa fosse successo ed egli, con un grande sorriso, gli rispose:

“Avevamo una mucca che ci dava latte e con cui tiravamo a campare. Ma un bel giorno la mucca cadde in un precipizio e morì. Da quel momento, ci trovammo obbligati a fare altre cose, a sviluppare altre capacità che mai avremmo immaginato di avere. Così, cominciammo ad avere successo e la nostra vita cambiò”.

Ecco, era giunto il momento di gettare giù la sua mucca dal precipizio e toccava a me prendere le redini in mano, visto che lei non era nemmeno in grado di alzare il braccio ed impugnare un bicchiere di vino. Non ho fatto nemmeno in tempo di cercare di spiegarle il mio punto di vista sulla metafora, che i suoi occhi si illuminarono in un guizzo misto tra lo stupore e l’illuminazione. E fu lei ad iniziare a parlare… evidentemente conosceva quella parabola e le aveva risvegliato chissà quale ricordo. Mi disse che lo sapeva benissimo che doveva trovare il modo di reagire; che, come quella famiglia povera rimase senza sostentamento per sopravvivere ma poi trovò altre alternative, lei avrebbe dovuto fare lo stesso; che se la mucca non fosse mai scomparsa dalle loro vite, avrebbero continuato a vivere in povertà, senza credere di potersi spingere oltre.

Ed io non potevo che essere parzialmente d’accordo con lei. Quante volte ci lamentiamo della nostra vita, eppure non facciamo nulla (ma proprio nulla!!!) per cercare di uscire da quel recinto in cui ci siamo rinchiusi? Quante volte, invece, quando tutto ci crolla addosso, scopriamo capacità e qualità che non ci saremmo mai immaginati, che erano rimaste addormentate, semplicemente perchè abbiamo deciso di guardare un pò più in là della nostra gabbia?

Mi è capitato più di una volta in questi lunghi anni di vita di sentirmi bloccata e faticare non poco a uscire da un problema, molto probabilmente, perché cercavo di risolverlo sempre con le stesse strategie. Tutti conosciamo quel famoso detto “la follia sta nel fare sempre la stessa cosa aspettandosi risultati diversi”; volendo significare l’inutilità di attuare sempre gli stessi atteggiamenti o lo stesso modo di ragionare (risultati già inefficaci!) per risolvere un dilemma.

Ed allora cerchi il cambiamento, quel “qualcosa” che ti permetta di identificare una situazione precisa della tua vita che non ti sta dando soddisfazione e cercando di uscire dalla tua zona di comfort, quella zona, cioè, nell’immaginario collettivo, in cui ci sentiamo protetti, al sicuro ma dove nulla cambia (memorizzatevi questa cosa, perchè poi il mio ragionamento gira tutta qui!). Può essere una stanza, una casa, un paese ma anche una condizione mentale. Per fare questo devi sforzarti di iniziare da qualche parte (sforzarti di sperimentare, sforzarti di creare le cose, sforzarti di raggiungere un qualche risultato..) e devi chiamare in soccorso quell’elemento zuzzurellone che si chiama Coraggio con la C maiuscola ed affrontare le tue paure.

A questo proposito mi viene in mente l’illuminante dialogo nel film “Three Kings”, ambientato durante la guerra del Golfo, tra il comandante Gates (George Clooney) e l’ impaurito Conrad, uno dei quattro soldati americani impelagatisi in un’avventura rischiosa di cui ormai hanno quasi perso il controllo: è una scena che sintetizza molto bene il legame tra paura e coraggio:

“Fai le cose che ti spaventano a morte e solo dopo trovi il coraggio, non prima”.

Three Kings.

Io sono per un grande senso dell’equilibrio nell’affrontare la vita stessa. E’ vero, sì, che incitare ad uscire da questa culla della zona di comfort è sacrosanto ed altrettanto stimolante, ma non sarei proprio così drastica. Ed ecco qui spiegato il mio “parzialmente” d’accordo con l’amica mia e perchè quel “ci sentiamo protetti, al sicuro ma dove nulla cambia”, che prima vi ho chiesto di memorizzare, ora assume un altro contorno. Il mio contorno personale.

nrm_1416612811-d874d5b02d3653a3b6830cda53fc2673-03-_-esci-dalla-comfort-zone

Ho un’idea di comfort zone che non è così sgradevole, così statico o così indolente. La mia zone è dove mi sono formata, dove sono cresciuta, dove coltivo fantasie, medito, mi lecco le ferite, dove risiedono le mie strategie per affrontare la vita e le sue peripezie… un luogo sacro, che mi ha dato gli strumenti per essere quello che sono oggi. Qui risiedono i miei punti deboli ed i miei punti di forza, tutto ciò che mi può permettere di intraprendere nuove vie ed assaporare una vita migliore ed essere una persona migliore. In questa zona sono rinchiuse anche i miei sogni, le mie paure di non poterle realizzare, le mie insoddisfazioni ed i miei fallimenti, oltre che certe rabbie… emozioni fastidiose ma mi ricordano il fatto di aver voluto essere qualcosa, ma che ANCORA non lo sono diventata.

Non posso pensare di abbandonare me stessa per cercare altro fuori di me, per cercare quel “fuori inizia la vita”, quel “fuori tutto il resto succede”. Quello che, però, posso assolutamente fare è allargare la mia zona; anzichè abbandonarla, posso fare leva sulla mia “Inner Game” (una parolona che gli esperti usano per richiamare il nostro mondo interiore, la famosa vocina nella testolina). Posso far entrare nella mia zona cose nuove per arricchirla e renderla più solida, farla diventare una casa dalla quale partire invece che una barca da abbandonare.

Parliamo tanto, fino a rasentare una certa banalità, che la ricerca di sé inizia da dentro di noi, da quello che rappresentiamo, da quello che, in relatà siamo, dai nostri pensieri e dai nostri desideri. Ecco!!! … dopo aver coltivato la mia area con tanto sacrificio e amore, ed averlo reso il mio luogo comodo e personale, come posso pensare che la vita inizi altrove?

Comfort-zone (1)

Il racconto zen della mucca è straordinario perché permette di riflettere sul modo in cui viviamo. Ma vi sono zone di comfort tappezzate di abitudini nocive, psicofarmaci per non sentire le voci interiori e persone inutili, dove è importante, se non indispensabile, fare il salto nel vuoto, per trovare un’altra dimensione dove l’arcobaleno del “where life happens” fa la sua opera prima ( e, non è affatto detto che tu lo possa trovare!). Ce ne sono altre, però, come la mia, dove ogni singolo elemento sta in perfetto equilibrio e richiede, di tanto in tanto, una sorta di ristrutturazione capace di fortificarla e renderla in grado di prendersi cura della mia vita, delle mie delusioni, dei miei fallimenti, delle mie ferite, dei miei successi e delle mie gioie. Un posto sacro dove posso preparare il piano delle mie battaglie, esercitare visioni, pianificare cambiamenti, esercitare la forza di volontà, starmene in santa pace senza muovere un solo dito (quando mi va di farlo)!

A questo punto potrò uscire dalla mia comfort zone con meno paura o saltare con più coraggio nel vuoto, in cerca di quel luogo dove tutti dicono che le cose importanti succedono, e sapendo di avere il mio luogo sacro in cui tornare ogni qualvolta ne avessi bisogno..

@Wizzy, Afro Bodhisattva, Entrepreneur, Physical Anthropologist, Freelance researcher of African Studies, culture, tradition and heritage, CEO Dolomite Aggregates LTD and Founder MBA Métissage Boss Academy & @metissagesanguemisto.

Archivio