Il Mago di Oz: la magia di credere nelle proprie potenzialità e nelle nostre diversità.

 

The Wiz di Charlie Smalls e William F. Brown debuttò a Broadway il 5 gennaio 1975, con Stephanie Mills nel ruolo di Dorothy, Ted Ross, André DeShields e Mabel King. Questa versione del Mago di Oz era caratterizzata da un cast interamente Black e vinse 7 Tony Awards, tra cui quello per il miglior musical. Le rappresentazioni furono in tutto 1.672.. Il musical ebbe così tanto successo che venne trasformato in un film nel 1978, nel quale recitarono Diana Ross, Michael Jackson, e Richard Pryor.

 

 

Nella trepidante attesa di vedermi trasformare in personaggio nero Dorothy Gale (c’è già stato, in passato, questa possibilità, ma oggi, la regista Nicole Kassell, è stata incaricata di dirigere il nuovo adattamento cinematografico),  la iconica protagonista di una delle mie fiabe preferite, non posso esimermi nel rammentare come leggere l’illuminante, vecchio e un po’ farlocco Mago di Oz, nel libro di Frank Baum Il meraviglioso mago di Oz” mi abbia privilegiata nel mettere solide fondamenta alla mia evoluzione in questa dimensione.

 

 

Forse perché era una delle letture preferite della buona notte nella mia infanzia o, forse, perché, in età adolescenziale, nel ricercare la luce nel marasma degli ormoni in circolo e nel trovare un senso alle forti discriminazioni, ora in un parallelo ora nell’altro, ho creduto che la protagonista rappresentasse esattamente la ragazza che ero, alla perenne ricerca del “posto migliore”, “somewhere over the rainbow” …….

 

Come Dorothy, arrivata nel mio sconosciuto mondo di Oz, mi sono trovata catapultata in un qualcosa di più grande di me ed il più delle volte incomprensibile; dal “non sei come noi”, al “voi siete cannibali e selvaggi”, al “tornatene da dove sei venuta”, al “non gioco con i ne*ri”, al “sei troppo bianca per mangiare con le mani nel nostro piatto”, al “il tuo pallore farà sfigurare la scuola nella parata per la giornata dell’indipendenza”…… , e la lista è tremendamente lunga per una bambina di 8 anni! Decisamente troppo.

 

Eppure non mi ci è voluto molto nel comprendere che avrei dovuto prima trovare me stessa e poi tutta quella forza necessaria per “tornare a casa” e che trovarmi in un luogo estraneo era, per me, una fonte di potere che mi avrebbe fatto crescere e maturare, facendomi diventare una donna forte  in grado di sconfiggere il male e perfino la “Strega cattiva dell’Ovest”.

 

 

Come Dorothy ero partita svantaggiata, ma ho trasformato (inconsapevolmente o meno non lo so, ma sono convinta di avere un dono dalla nascita, quello di un certo senso di salvifico nei miei momenti di reale pericolo) quel svantaggio in un processo catartico, come fosse un punto di  partenza per un cambiamento, una svolta e una crescita. Sono stata in grado di mutare nel corso della storia e non rimanere mai uguale, trasformando le energie delle difficoltà in strumenti potenti e (quasi) invincibili.

 

 

Ma facciamo un piccolo grande backup per chi non sapesse di che sto cianciando oggi!

 

 

“Il meraviglioso mago di Oz” è una storia incantata, magica e lineare al tempo stesso, che racconta le vicende della piccola Dorothy, una ragazzina di animo altruista che vive con gli zii e l’arzillo cagnolino Toto, in una fattoria del Kansas. La vivacità di Toto provoca diversi danni alla temutissima vicina di casa, la signora Almira Gulch, una donna dall’animo perfido e vendicativo, che chiede agli zii di disfarsi dell’animale. Dorothy è disperata e cerca in tutti i modi di salvare la sua adorata bestiola.

 

 

Un giorno, durante una tempesta di vento, sviene nella sua stanza, colpita sulla testa da una persiana volante; una volta risvegliatasi, esce dalla sua abitazione e vede tutti gli oggetti della prateria prendere il volo, compresa la sua casa che si innalza verso il cielo e, schiantandosi precipitosamente a terra, sovverte come per magia l’ordine del mondo. È l’inizio del meraviglioso viaggio che porterà Dorothy lontano da casa sua, la farà atterrare nel Paese dei Ghiottoni, e, nell’atterraggio, distruggerà l’abitazione della malvagia Strega dell’Est. Glinda.  La Buona Strega del Nord, si complimenta con Dorothy per averla sconfitta: le regala, così, le Scarpette d’Argento della strega defunta.

 

 

Successivamente, le spiega di trovarsi nel magico paese di Oz dove esistono quattro streghe: due buone, di cui lei e la Strega del Sud, e due malvagie: la defunta Strega dell’Est e la Malvagia Strega dell’Ovest. Tuttavia, la ragazza, non sembra convinta ed esprime il desiderio di tornare dagli zii. Così, la strega, le consiglia di recarsi dal grande Mago di Oz, il più potente del paese. A questo proposito, le raccomanda di seguire la strada di mattoni gialli che la porterà dritta alla Città di Smeraldo, dove il mago risiede.

 

 

Il viaggio procede all’insegna dell’armonia e dell’incanto, al cospetto di svariati personaggi in cerca di fortuna che decidono di accompagnarla nella speranza che il mago esaudisca anche i loro desideri. Primo fra tutti, lo spaventapasseri parlante, che, vaneggiando appeso a un palo, sogna di possedere un cervello. Dorothy lo aiuterà a liberarsi dalla sua posizione statuaria e lo inviterà ad accompagnarla nel cammino verso Oz. A seguire, l’incontro con un curiosissimo boscaiolo di latta, che aspira a possedere un cuore, e alle cui giunture, gli altri della storia aggiungeranno dell’olio per agevolarne i movimenti. Ultima, ma non meno importante, è l’apparizione del leone codardo, che brama dentro di sé l’eroica virtù del coraggio. Una serie di peripezie ostacola e rende avventuroso il loro viaggio, fin quando miracolosamente la brigata riuscirà ad arrivare a destinazione.

 

 

Sono intimati ad indossare degli occhiali, per non rimanere accecati dalla luce verde che si espande per tutta la Città di Smeraldo; tuttavia, sono le stessi lenti dal colore verde a renderla tale. Il Grande e Terribile Oz,  come lui stesso si definisce, riceve i suoi ospiti uno alla volta, mostrandosi ad ognuno con diverse sembianze. Promette sì di aiutarli, ma solo dopo aver sconfitto la Strega Cattiva dell’Ovest, che regna sul Paese dei Gialloni. Dopo vari ostacoli e avversari – l’esercito dei Gialloni, le Scimmie Alate, etc. – la strega mette in gabbia il Leone e smantella il Taglialegna e lo Spaventapasseri. Dorothy diviene sua serva ma non potendo farle del male per via del bacio della Strega del Nord, prova a rubarle le scarpette magiche: riuscirà a prenderne solo una ma, la bambina, le rovescerà addosso un secchio d’acqua che, inaspettatamente, distruggerà la strega liquefacendola.

 

 

Sconfitta la strega, i protagonisti decidono di far rientro alla Città di Smeraldo: dapprima, il mago, si prefigge di non volerli assolutamente incontrare. Ma, in seguito ad una minaccia di attacco delle Scimmie Alate, acconsente: con grande stupore, tutti si accorgono che non è altro che un timido vecchietto. Un ventriloquo approdato in città con la sua mongolfiera e stabilitosi nel regno e che spacciatosi per ciò che non era, aveva truffato l’intero popolo.

 

 

Ciononostante, l’uomo riesce ugualmente a mantenere le sue promesse non certo aiutato dalle sue prodigiose virtù, di fatto inesistenti, ma facilitato dall’ardente e animosa predisposizione dei personaggi ad accogliere il proprio cambiamento.

 

Lo spaventapasseri, infatti, aveva già dimostrato durante il viaggio di essere molto intelligente e necessitava soltanto di un attestato che lo dimostrasse, così il mago gli infila un cervello di melma e spilli;  anche il leone codardo aveva dato prova del suo coraggio e doveva solo ricevere una medaglia che lo confermasse: a lui somministra un cucchiaino di miele come elisir di coraggio. L’uomo di latta, infine, era già stato disponibile e affettuoso con Dorothy e gli altri: la sua capacità di amare richiedeva soltanto di essere applicata e così riconosciuta anche da se stesso, per questo il mago di Oz gli aveva donato, nel petto,  un orologio a forma di cuore, come a voler sancire che fosse giunta “l’ora di amare”. La giovane Dorothy, invece, riceverà dal mago la mongolfiera per tornare finalmente a casa sua, ma un inconveniente le impedirà di volare e di rimettersi in viaggio. Saranno proprio le magiche scarpette luccicanti che, sbattute tre volte, riporteranno la ragazza nel suo letto, circondata dai suoi familiari e da tre contadini del posto, che la giovane riconoscerà nei tre personaggi suoi amici.

 

La versione originale del film datato 1939 diretto da Victor Fleming, ispirato al romanzo Il meraviglioso mago di Oz del 1900, il primo dei quattordici libri di Oz dello scrittore statunitense L. Frank Baum.

 

 

Perché amo particolarmente questo racconto?

 

 

Per mille e un motivo a cominciare dal fatto adoro leggere tra le righe e trovare interpretazioni meno banali di quelle fiabesche. La storia della fantastica avventura di Dorothy si orna di simbolismo e si decora di significati nascosti, primo fra tutti, il desiderio della ricerca che muove e sposta i personaggi sempre un po’ oltre il momento presente. Una ricerca che ha l’obiettivo di colmare una carenza e di soddisfare un desiderio, percepito come necessario al raggiungimento della felicità. Nel fare questo vi è un immancabile disincanto, segno di una reale presa di coscienza. Ciascun personaggio, infatti, posto di fronte alle sfide dell’esistenza, si scopre già dotato della qualità ricercata, ritenuta erroneamente manchevole.

 

 

Una lettura che si precisa come un monito: la virtù, e tutto ciò che completa e armonizza la nostra persona, risiede già dentro di noi e ha soltanto bisogno di un movente per esprimersi ed essere riconosciuta. I personaggi, al termine del racconto, non si “trasformano” magicamente in qualcosa di diverso da ciò che erano già, ma piuttosto prendono coscienza di se stessi e delle proprie potenzialità, inizialmente mortificate dalla paura e dall’insoddisfazione. Il mondo esterno non aggiunge contenuti all’individuo, piuttosto ne facilita la sua scoperta. Credere, dunque, in sé stessi o in qualcosa, è la condizione necessaria all’essere umano per sentirsi, scoprirsi e mostrarsi capace. C’è una sorta di messaggio criptico sul senso della liberazione dall’infelicità di chi va cercando fuori di sé ciò che in effetti già possiede, di cui il sedicente Mago di Oz non è l’autore, semmai l’involontario facilitatore.

 

 

Amo particolarmente Il regno di Oz, (con la sua capitale La Città di Smeraldo), e quindi simbolicamente del luogo della coscienza, perché è la rappresentazione del luogo intimo di ciascuno di noi, entro cui rielaboriamo le nostre esperienze personali a confronto soltanto con noi stessi. La Città di Smeraldo simboleggia il luogo della rigenerazione dove la coscienza, rielaborando le esperienze può arricchirsi (lo smeraldo è un berillo che nella cristalloterapia è simbolo di amore, pazienza, prosperità, oltre che avere il potere di dare la forza di andare avanti superando le paure dei propri limiti e di rafforzare il centro del cuore per donare abbondanza, crescita spirituale, pace, armonia, e onestà). Ma ha anche il suo lato oscuro: nella Città dello Smeraldo tutti siano obbligati a portare degli occhiali verdi, e questo fa sì che le persone vedano tutto VERDE, anche la neve, pur essendo bianca. Verde è il colore del dollaro, quindi le persone sono programmate per adorare il Dio denaro, un po’ come in Matrix (un altro capolavoro che ce la dice lunga) vivono inconsapevolmente soggette ad un programma che li rende automi. Gli occhiali sono simbolo di visione, donde imporre a tutti un solo e stesso unico colore, il verde, è segno che nella città dello smeraldo, Oz sia un despota, un dittatore, un falso governante che impone soltanto la propria idea.

 

 

 

 

E’ il luogo che spinge al desiderio di tornare a casa, simboleggiando il bisogno di cercare le proprie origini, delle risposte alla condizione dell’essere e ai limiti della vita, perimetrando il campo del conosciuto e sollevando delle mura (pareti) di difesa psichica. E’ il luogo in cui si dà un peso (Oz è il simbolo dell’oncia – unità di misura), in cui si misura e si dà un valore, dove si distingue tra bene e male, dove si riflette su ciò che è stato per arricchirsi di un nuovo peso per affrontare e misurare ciò che sarà. Il luogo dei valori che ci permette di prendere coscienza delle nostre  personalità.

 

 

 

E’ il mondo della Diversity che mostra ai suoi spettatori la coesistenza armonica tra esseri con caratteristiche tanto diverse: come possono andare d’accordo un leone, uno spaventapasseri, un uomo di latta e una bambina con tanto di cagnolino? C’è chi deve dormire e chi no, chi ha bisogno di cibo e chi di un po’ di olio alle giunture per non arrugginirsi, chi farebbe volentieri a meno di un cuore che fa soffrire e chi invece lo desidera sopra ogni cosa. “È questione di opinioni“, dice a un certo punto il boscaiolo di latta, “basta saperle accettare anche se non coincidono con le nostre”. Un invito a coesistere in armonia e accettazione delle proprie diversità. Un invito a cambiare il modo in cui pensiamo e affrontiamo il discorso sulla diversità.

 

 

 

 

 

Adoro i buffi personaggi che Dorothy incontra perché rappresentano tre simbolici esempi di “carenza umana”, cioè di mancanza di qualcosa da cui, di solito, ci facciamo fagocitare la nostra insoddisfazione e infelicità, senza renderci conto che ciò di cui andiamo in cerca lo abbiamo già dentro di noi.

 

Lo spaventapasseri, reputandosi senza cervello, raffigurerebbe la leggerezza e la superficialità di pensiero e di azione. Il suo desiderio è quello di riscattarsi per non essere riuscito a tenere lontano dal campo le cornacchie. E’ vestito di blu, colore simbolo della profondità e dell’armonia.

 

L’uomo di latta, in cerca di cuore, è il simbolo della difficoltà che si prova a esprimere sè stessi e a comunicare amore, di provare passioni e di interessarsi. Un tempo era un ragazzo in carne ed ossa che stava per sposarsi con una ragazza che badava ad una vecchia. La vecchia, per avere la ragazza per sé, chiese alla strega dell’Est di allontanare il taglialegna dalla ragazza. Con un maleficio il taglialegna perse man mano tutte le parti del suo corpo che gli furono ricostruite di metallo da un fabbro. Si ritrovò senza un cuore e incapace di amare. Dopo una pioggia, il suo corpo di latta si arrugginì.

 

Il leone codardo, bramoso di coraggio, è la metafora dell’uomo inetto e poco assertivo, espressione dell’incapacità di allineare il pensiero alle azioni. Rappresenta l’incapacità dell’uomo di saper cogliere a proprio favore le situazioni, di “rischiare” o provare realizzando il pensiero in azioni, l’incapacità di cogliere la vita come una occasione.

 

 

Il Sovrano di Oz, rappresenta, invece, la condizione umana, ovvero il dominio dell’Ego sulla coscienza. E’ la misura che l’uomo utilizza per dare valore alle proprie azioni, ai propri interessi e percorsi di vita: l’Io, l’egoismo, l’interesse personale. Chiama verità tutto quello che gli piace anche se è falso, sublimizza le sue debolezze e le chiama “Dio” e a questo Dio le affida per auto perdonarsi senza correggersi nè migliorare. Ognuno è Dio a se stesso ma se non lo dimostra nel bene, come farà il mago di Oz, si rivelerà un piccolo omino falso ed ingannevole. Egli è anche è la perfetta rappresentazione della falsa guida sia politica che religiosa, chi fa della religione una politica e chi della politica una religione. Insieme si presentano sempre con un potere, un potere che a tutti attira lusinga affascina, un potere che tutti vorrebbero avere. E’ così falso che si presenta sempre con identità diverse, tutte etichette o maschere per incutere timore e ostentare veracità. A Dorothy si presenta come una grande testa senza corpo, ecco la mancanza di consistenza, irreale, astratto.

 

La Strega cattiva dell’Ovest rappresenta l’avidità, l’oscurità (in quanto all’Ovest il sole va a tramontare). Simboleggia un aspetto della nostra personalità che va affrontato e sconfitto con atteggiamento puro (Dorothy la sconfigge con dell’acqua, simbolo di purezza).

 

La Strega cattiva dell’Est rappresenta il nostro falso io; è simbolo della nostra ignoranza, ci tiene incatenati, abbindolati, addormentati, in un mondo senza colori, illusi con le speranze e falsi sogni. L’Est rappresenta il luogo della Luce, dell’Illuminazione, del Sapere Assoluto, quindi cominciando il viaggio (esistenza) nel Regno di Oz si abbandona una condizione favorevole, di saggezza che si ritroverà alla fine del percorso, pensiamo di non avere ragione, di abbandonare le nostre certezze, ma proprio perché così come ad Est sorge il sole è proprio ad Est dove arriva prima la notte (il dubbio esistenziale). Quando la casa smette di girare e girare (cioè quando decidi finalmente cosa fare della tua vita), Dorothy esce e non trova il bianco e nero del Kansas, ma un paese pieno di colori. La strega giace ai suoi piedi sconfitta… hai finalmente abbandonato l’incanto dell’Est, non segui più il mondo e non ti conformi più alla sua futile mentalità, alla stregoneria del suo superficiale progresso materialistico.

 

 

La stessa Dorothy, infine, rappresenta l’esigenza  di evasione e di ritorno a casa; una casa riconosciuta e desiderata come tale soltanto nel momento della lontananza, del suo viaggio simbolico in una dimensione avventurosa, grazie alla quale scopre e valorizza le sue indubbie capacità.

 

“Siete ricchissimi…possedete la qualità più preziosa che esista: sapete essere contenti di ciò che siete e di ciò che avete” (Ozma al boscaiolo di latta e allo spaventapasseri).

 

Questa è un racconto che acquista una luce diversa e ci rivela aspetti nascosti ed inconsapevoli del suo messaggio. C’è un significato più profondo, che ci porta a conoscere quell’esigenza che ogni persona possa seguire un percorso che la porti alla consapevolezza di ciò che è, superando il limite frustrante del desiderio di ciò che si vorrebbe essere, e magari scoprendo alla fine che le due cose coincidono. Il desiderio che è un’innegabile e potente fonte di tensione per la realizzazione delle proprie potenzialità, ma anche un limite doloroso da superare, per non restare inchiodati all’aspirazione di qualcosa che resta fuori di noi e tende costantemente a sfuggirci. Un percorso educativo attraverso il quale ogni individuo arriva a sviluppare le sue tre fondamentali competenze personali e sociali (cognitiva, emotiva e pragmatica).

 

 

Morale

 

La morale, in realtà, la vedo plurima. Stufi di un mondo in bianco e nero, sogniamo di andare oltre l’arcobaleno (“Somewhere over the rainbow”), ma nel farlo ci svegliamo nella tempesta. Chi si avvicina all’arcobaleno (se spirituale è simbolo di chi cerca di sollevarsi dalla terre al cielo, cioè dalle cose effimere in cerca di quelle trascendentali), crede che tutto sia bello, un mondo rosato di zucchero filato, invece i primi passi nella via dell’illuminazione ci si sveglia con un FULMINE: Dorothy è colpita da un fulmine, disorientata, viene investita da un uragano, la tempesta travolge la sua vita. Il ciclone rappresenta la crisi che colpisce la vita interiore di chi intraprende la strada verso Oz (l’Ego) …attraverso la  Yellow Brick Road di Oz, che  inizia come una spirale in espansione verso l’esterno. Questa spirale rappresenta il sé in continua evoluzione, l’anima che ascende dalla materia al mondo dello spirito.

 

 

Da tutto questo trambusto deduco che:

 

#1 – Ciò che si desidera la si può trovare comodamente nel proprio cortile di casa.

 

«Ora so che, se dovrò di nuovo andare in cerca della felicità, non la cercherò più in là della mia stessa casa: perché, se non la trovo lì, vuol dire che non potrò mai trovarla».

 

 

#2 – La magia di Credere in sé stessi: a volte, semplicemente desiderando di essere una cosa, si cambia prospettiva ponendo le basi per diventare ciò che davvero si vuole essere. Il famoso “il potere è dentro di voi”. Qui i 3 “mancanti” sprovvisti di testa cuore e coraggio scoprono che, uniti nel bene e nel male, hanno in se stessi le qualità che cercavano negli altri. Così noi dovremmo comprendere come il cuore dia coraggio all’anima, la ragione illumini i sentimenti del cuore, il cuore dia ragioni al cervello e la volontà metta in moto ideali ed emozioni… tutte queste potenze dell’anima interagiscono creando consapevolezza ed armonia. Tutto è dentro di noi! Non dovremo mai dare a nessuno il potere di farci credere quello che noi già siamo.

 

 

 

#3 – Siamo tutti la personificazione di Dorothy. Dorothy rappresenta il viaggio che stiamo già facendo, che lo sappiamo o meno. E come dimostrano le scarpette (simbolo del camminare, del procedere nel mondo, del viaggio, del percorso attraverso la vita…) argentate (allusione al cordone d’argento il legame tra il nostro io materiale e la nostra identità spirituale, l’aurea dell’anima, un legame mitico ispirato da un passo della Bibbia che parla di un ritorno da una ricerca spirituale), Dorothy era in grado di battere i tacchi e manifestare qualsiasi cosa desiderasse. Anche noi abbiamo questo potere di manifestazione. Ma abbiamo bisogno di quelle scarpette (guida spirituale) senza le quali si rischia di farsi del male sul suolo dell’esperienze introspettive.

 

 

 

 

#4 – Il fiuto dell’anima. Il messaggio più profondo nel rapporto tra il cagnolino Toto (sinonimo di completezza e integrità e simbolo del fiuto dell’istinto, l’olfatto che coglie il senso, rintraccia l’orientamento della ragione, sento l’odore buono o marcio delle emozioni) e Dorothy è che non si può essere sempre consapevoli di ciò che si ha davanti. Gli occhi e il cervello possono vedere e percepire qualcosa come vero. Tuttavia, solo il nostro “io intuitivo interiore” è in grado di “vedere” veramente. Mentre percorriamo la Strada di mattoni gialli (il viaggio dell’anima), cerchiamo di seguire sempre la consapevolezza intuitiva e di guida che abbiamo dentro di noi, esattamente come Toto (che rappresenta l’interiorità, il lato più intuitivo, istintuale, animalesco di noi) aiuta Dorothy a vedere la verità davanti a sé, abbaiando e avvertendola delle cose che inizialmente non riusciva a vedere. Dorothy parla con Toto, e sta a simboleggiare la comunicazione di Dorothy (nostra) con il suo (nostro) Sé interiore, la sua (nostra) intuizione e i suoi (nostri) sentimenti che la (ci) aiuteranno a risvegliare la verità che si nasconde dentro di lei (noi). Ed esprimendo le nostre qualità interiori di amore, altruismo, compassione e gentilezza verso gli altri, la nostra anima sarà guidata dalla luce della sorgente verso il suo giusto posto. A casa. Casa simbolo di essere sé stessi, di stare bene in sé e con sè stessi.

 

L’ANIMA E LA FORZA D’ANIMO

 

Il leone è simbolo di regalità, in noi dovrebbe regnare lo spirito non per grandezza (anche il corpo è sovrano) ma per essenzialità in quanto il corpo nella sua crescita dovrebbe trovare la divinizzazione, la trasfigurazione, l’illuminazione spirituale… il Leone codardo della fiaba del Mago di Oz è la più esplicita rappresentazione delle anime prive della loro forza naturale cioè la spiritualità, infatti la parola “coraggio” viene dal latino “cor” = cuore ed agire o azione. La forza d’animo è la volontà consapevole che sa agire quindi collegare la testa col cuore, lo spirituale con lo materiale.

 

 

#5 – Seguire la strada di mattoni gialli. Come Dorothy ha il compito di  compiere il suo epico viaggio lungo il famoso Sentiero di mattoni gialli, mentre combatte l’oscurità e le tentazioni lungo il percorso, anche tutti noi siamo chiamati a seguire la nostra strada di mattoni gialli, quel percorso tortuoso che l’anima deve compiere per raggiungere l’illuminazione e tornare alla fonte. Il tornado (la crisi esistenziale) è arrivato nella vita di Dorothy; la sua casa viene sradicata (tutte le nostre convinzioni, progetti, ideali non trovano più senso, cioè radici); lei sviene, e quando si desta nel suo lettuccio vede che si trova proprio nell’occhio del ciclone… non sa dove si trova, non vuole altro che tornare a casa e cade nella disperazione del pianto. Si piange spesso quando si è smarriti interiormente, quando non abbiamo dimora o certezze sicure dentro di noi, ma il pianto dell’anima schiarisce mente e cuore, ci aiuta a sfogarci e vedere bene idee e sentimenti, mentre il pianto capriccioso ed irragionevole affoga il cuore, diventa noioso e piagnucolone, irritante.

Dorothy nel pianto trova consiglio (per tornare a casa le streghe consigliano a Dorothy di rivolgersi al Mago di Oz, dotato di fantastici poteri). E così, quando si cambia rotta nella vita, quando non si segue più il gregge o la massa con i suoi stupidi luoghi comuni, tutto intorno diventa caos, tutti ci danno contro e ci abbandonano, per poi scoprire che nel nostro cuore e nella nostra mente (l’occhio del ciclone) si fa pian piano chiarezza, silenzio, pace, tranquillità, luce in mezzo al buio.

 

 

 

#6 – Osare: serve per avere successo nel nostro viaggio. Tutti noi abbiamo imparato a conoscere e amare i quattro amici che hanno aiutato Dorothy nel suo viaggio. Tutti e quattro fondamentali per guidare Dorothy lungo la strada di mattoni gialli . Gli attributi mancanti di questi tre personaggi principali sono un messaggio segreto nascosto che si riferisce a ciò che si deve avere per essere guidati in modo sicuro lungo il Sentiero d’oro dell’anima. Per trovare la propria strada nella vita e percorrere il Sentiero di mattoni gialli in sicurezza fino alla destinazione di casa, è necessario risvegliare i tre attributi che mancavano ai tre amici di Dorothy.

 

  • Per prima cosa, trovare lo Spaventapasseri dentro ciascuno di noi e avere il cervello e l’intelligenza necessari per sapere dove andare. Avere la morale, i principi, la saggezza e l’intelligenza necessarie per evitare di essere tentati dal lato oscuro per aiutarvi a guidare nella giusta direzione.

 

  • Trovare l’uomo di latta che è in noi e risvegliare il nostro cuore al potere di guida della fonte (ognuno troverà la sua fonte). Il cuore è la scintilla nascosta della fonte che riposa dormiente dentro di voi. Quando viene attivato, si raggiunge una connessione e un’esperienza diretta con l’origine di tutto. È questa apertura del cuore interiore, che si ottiene utilizzando pratiche che aprono la consapevolezza e la coscienza all’energia di guida della fonte.

 

  • Sforzarsi di trovare il Leone dentro di noi e avere il coraggio di seguire il senso di direzione e la guida che ci offrono lo Spaventapasseri e l’Uomo di Latta. Lasciare andare la paura e trovare il coraggio di usare questi due precedenti attributi a nostro vantaggio. Perché l’intelligenza, il cuore, l’amore, la compassione e l’altruismo saranno utili solo quando li mettiamo in pratica.

 

LO SPAVENTAPASSERI DEI PENSIERI

– “Hey: ma tu parli!” esclama Dorothy stupita.

– “Io non ho cervello, solo paglia,” replica lo spaventapasseri.

– “E come fai a parlare se non hai il cervello?”

– “Ah, non ne ho idea. Ma c’è un mucchio di gente senza cervello che chiacchiera sempre.”

– “Hai ragione. Beh, comunque potresti venire con me dal Mago di Oz, lui forse potrà darti un cervello.”

 

Quando te ne accorgi di non avere un cervello vuol dire che il cervello inizia a funzionare, quando te ne accorgi di quanto sei superficiale ignorante banale ed egoista, si mette finalmente in moto il cervello, di solito la massa è piena di pensieri futili, uccelli che il mago di Oz (pubblicità politica ed indottrinamento religioso) ci ha messo in testa per non farci ragionare né scoprire la verità, per non farci riflettere sulle domande fondamentali esistenziali della vita.

 

 

 

#7 – Essere benedetti con la mentalità infantile dei Munchkins. Il loro aspetto piccolo e infantile, la loro innocenza e il loro modo di giocare sono una metafora dell’atteggiamento che si dovrebbe avere quando si percorre la strada verso la luce. Sono proprio l’innocenza, la curiosità e la gentilezza infantili a guidare Dorothy nel suo viaggio alla scoperta di se stessa lungo la Yellow Brick Road.

 

 

 

#8 – La luce guiderà. La Strega Bianca del Nord era conosciuta come Glinda, e rappresenta l’amore, la luce e lo spirito guida che è in tutti noi. Nella tradizione spirituale il Nord rappresenta la sintonia con la sacralità e l’interezza della guida divina che è in noi. E questo rappresenta la direzione dell’anima verso l’evoluzione. Una volta che Dorothy ha rivendicato la vittoria sul suo lato oscuro, è stata Glinda, la Strega Bianca del Nord, a guidare Dorothy a percorrere la Yellow Brick Road e a iniziare il suo epico viaggio verso la luce. E, intraprendere un cammino (spirituale) non significa abbandonare il mondo bensì imparare a vederlo ed apprezzarlo da un altra prospettiva più profonda, quindi elevata. E dall’alto continuare a mantenere i piedi per terra, essere concreti, realisti e umani. Non disdegnare o disprezzare le cose terrene per non assomigliare alla falsa strega dell’Est della nostra fiaba, e fare della propria ricerca celeste una fuga dall’umanità e diventare irreali.

 

 

UN CUORE SENZA CUORE

 

Il cuore in quanto potenza dell’anima è motore di ogni nostra azioni, se questo viene programmato per amare soltanto le cose materiali, come il boscaiolo di latta, la persona vivrà come il boscaiolo, spaccando il suo mondo non per costruirlo ma per distruggersi. La nostra società è un mostro senza anima, cioè un robot senza cuore. I valori di cui il cuore deve nutrirsi son ben altri, degni della sua natura trascendentale, il cuore per sua natura cerca l’assoluto e non avrà pace finché non troverà un valore infinito su cui fidarsi.

 

 

 

#9 – Non uccidete l’Ego: morirebbe per orgoglio e risorgerebbe inconsciamente sempre in voi. Il falso mago invita Dorothy nella sua mongolfiera per farla tornare a casa. Ma lei segue Toto (il suo intuito) che in quel momento persegue un gatto e scende dal pallone aerostatico. Questa mongolfiera rappresenta l’ego, con la sua aria che ci gonfia dentro in modo sbagliato. Non è però necessario scoppiarla, perché quando saremo maturi, diventerà così gonfia che si allontanerà da sé. Senza l’ego non avremo neppure l’intenzione di essere. Il problema non è l’ego ma l’egoismo, il voler imprigionare tutto il mondo in quella nostra mongolfiera o mondo o idea o sentimento e pensare che voliamo ed esistiamo solo noi. Non cacciammo via l’ego, andrà via nel momento in cui avviene nell’uomo la presa di coscienza delle proprie potenzialità.

 

 

 

 

#10 – Non c’è posto come a casa. Dorothy rimane l’unica della compagnia senza aver esaudito il suo desiderio di tornare a casa ed è in quella solitudine che lei trova sé stessa: ha saputo unire correttamente la realtà materiale a quella spirituale. Glinda, Strega buona del Nord, rivela a Dorothy che le scarpe che indossa, appartenuta alla Strega cattiva dell’Est, possono esaudire qualsiasi suo desiderio (ha il potere delle scarpe: di indirizzarsi anche in senso contrario). Dorothy, quindi, torna a casa svegliandosi nel suo letto e raccontando a tutti la sua storia, alla quale però nessuno crederà. Impressionante come la trama riproduca tantissime tematiche relative al controllo mentale. Dorothy è illuminata, consapevole, non è più la stessa ragazza, gli zii persino si preoccupano di lei, non fa parte della mentalità comune, la ritengono strana solo perché non hanno la capacità di comprenderla, ma lei è ormai sveglia come ogni essere illuminato, maturo, spirituale: sa che la sua casa è la sua anima consapevole, non è più orfana né smarrita nell’esistenza della vita… perciò conclude con la frase meravigliosa: “Non c’è nessun posto come casa”.

 

 

Riferimenti Bibliografici:

 

Il Meraviglioso Mondo di Oz libro scritto da L. Frank Baum

Il Mondo di Oz – Film del 1939 diretto da Victor Fleming

Significato esoterico del mondo di OzIntramundi

Lector in FabulaCritica Letteraria

 

 

 

 

Luisa Casagrande. Afro-Bodhisattva. Life, Soul and Business Senior Mentor. Chief Diversity Officer e Founder. Investo molto sulle persone e sullo sviluppo del capitale umano, lavorando sui talenti e sulla valorizzazione delle singole specificità. Vivo tra Lagos e Treviso.

Ho una formazione in Relazioni Diplomatiche Internazionali, Antropologia Biologica e Studi di Africanistica. Sono Co-Fondatrice e CEO di un Azienda Mineraria in un contesto particolarmente vivace e vigoroso quale quello del Continente Africano. Ricercatrice freelance di studi, cultura, tradizione e patrimonio africani, Executive & Cultural Mentor accreditata presso la SIM, Scuola Italiana Mentoring, e fondatrice di Métissage Sangue Misto e Métissage Dynamics© , progetti dedicati al mondo delle persone di identità intersezionali e multiculturali.

 

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