Mixed! Non Nera!

Chiariamo, una volta per tutte, questa dinamica del negare parte di sè.

 

Mi è capitato tra le mani un articolo dal titolo Paula Patton dice che è nera, non birazziale, pubblicato sulla WebMag “The Root”, in cui Paula Patton, appunto, attrice e modella statunitense, figlia di una insegnante di origini europee e di un avvocato afro-americano, spiega perché sceglie di non identificarsi come birazziale qual è, suggerendo che farlo è “offensivo e superficiale“.

 

Non posso che essere incuriosita da questa intervista, essendo io stessa una persona birazziale che, però, si identifica (perché, letteralmente, socialmente, storicamente, personalmente, spiritualmente, visibilmente, figurativamente  e realmente, sa di esserlo!) come persona birazziale. Mio padre è un Italiano bianco e mia madre una Nigeriana nera e, fin qui, non ci piove, da qualunque parte si voglia girare la frittata, che io sia, equilibratamente, 100% Italiana e 100% Nigeriana. Qualcuno provi a confutare questo, e si vedrà catapultato nella quinta dimensione, senza ulteriori spiegazioni di sorta.

 

Non ha mai avuto senso, per me, negare una parte di ciò che sono perché alcune persone trovano offensivo, soprattutto (per) la comunità nera, il rifiuto di farlo.  Che senso ha negare la realtà per placare i sentimenti degli altri? Il problema con l’identificazione come birazziale, a quanto pare, è con il modo in cui le altre persone ci fanno sentire. Ma stiamo davvero parlando seriamente?

 

 

Nell’articolo, Patton afferma che identificarsi come birazziale, quando si ha un genitore nero e un genitore bianco, è “un modo per le persone Mixed di separarsi dai neri; un modo per dire: ‘Sono meglio di loro“. Quando ho letto quella frase, ho provato un senso misto di disagio ed empatia. Disagio, perché mi sono resa conto che l’affermazione è provocatoria e deliberatamente falsa. Empatia, perché capisco il motivo per cui qualcuno dovrebbe soccombere a questo tipo di mentalità. Quando le persone ti dicono, più e più volte, che sei arrogante e che “pensi di essere meglio degli altri neri”  o che “sei privilegiato” perché sei birazziale, allora, per una sorta di vergogna, potresti non voler più essere visto come birazziale – questo è particolarmente vero quando queste idee vengono introdotte durante l’infanzia. Dimostrare che non si pensa di essere migliore dei neri significa, per queste persone,  negare di essere birazziale. “Sono proprio come te, vedi!?”,Non sono migliore di te! Sono nero, non birazziale. Solo nero.”

 

Paula Patton, attrice e modella statunitense.

 

La radice del problema sembra risiedere nel segmento della comunità nera che crede che l’identità birazziale sia un affronto personale. L’individuo con quella prospettiva è colui che ha bisogno di condurre una revisione interna e chiedersi perché pensa che essere birazziale sia meglio che essere nero. Perché, posso assicurarti, le persone birazziali non vanno in giro a dire di essere migliori dei neri; quel sistema di credenze sembra prosperare al di fuori della comunità birazziale. Questa convinzione viene quindi proiettata su individui birazziali.

 

 

Sia però chiaro che se qualcuno ha una convinzione che persone come me, possa far provare vergogna e rabbia, ciò NON significa che io debba mentire su chi sono per farli sentire di nuovo a loro agio. Penso che spetti a quell’individuo combattere direttamente quei sentimenti di vergogna e rabbia ed esaminare l’impatto storico, che, a dirla tutta, potrebbe avere un ruolo. Quali idee su cosa significa essere neri e cosa significa essere birazziale sono state tramandate nella comunità nera di generazione in generazione? Quanti pregiudizi e stereotipi investono, apertamente, sia gli uni che gli altri o gli uni rispetto agli altri? Su questo vi invito a farvi una seria cultura sul  “The Journal of Southern History Vol. 45, No. 2 (May, 1979) – Between Black and White: Attitudes Toward Southern Mulattoes, 1830-1861. By Robert Brent Toplin.

 

 

È possibile che il colorismo e i conseguenti vantaggi offerti alle persone dalla pelle chiara o mulatte nel XIX secolo abbiano creato una spaccatura intra-razziale tra individui completamente e parzialmente neri? Ed è quindi possibile che questa frattura abbia creato certe idee che sono state tramandate e sono ancora presenti oggi? Forse il problema è che abbiamo mantenuto viva questa nozione, e che, cioè,  le persone birazziali sono migliori delle persone completamente nere. E, se questo è vero, allora la soluzione è smantellare, analizzare, comprendere e infine porre fine a questa nozione – non far vergognare le persone birazziali dall’identificarsi come tali.

 

 

Patton dice che, come persona birazziale, “il mondo ti vedrà come nero e questo è quello che sei“. Capisco la logica dietro questa affermazione, tuttavia, non riesco ancora a relazionarmi con questo modello di pensiero. L’idea che “Se qualcuno ha una certa convinzione su di me, allora questo è quello che sono“, semplicemente, decisamente, assolutamente, NON mi sta bene.

 

Spesso, mi imbatto in persone Mixed che si palesano con lo stesso ragionamento della Patton o che, sostanzialmente asseriscono che “se non sei bianco, sei nero“, senza alcun’altra possibilità di replica. E se chiedo perché sono giunti a questa logica, la risposta è sempre la stessa: “perché gli altri mi vedono così”. Come se quello che pensi (ma più importante, quello che vedi!!) tu di te stesso davanti allo specchio, nel tuo intimo, avesse la stessa funzione delle famose perle che si danno ai porci. E così, senza rendersene conto, si avvalora la tesi della One-Drop-Rule (parolona eh?? già, perché anche questo mi sono sentita dire …. che c’entra??? Leggetelo qui, che c’entra!  Sebbene non sia più legge in nessuna parte del mondo, questa idea continua a plasmare la percezione delle persone con antenati neri e in altre società a maggioranza bianca. Ed è la ragione principale per cui Obama non ha avuto altra scelta realistica se non identificarsi come nero, un fatto che ha riconosciuto in un’intervista del 2007.

 

Ed è così che nascono certe situazioni di gran confusione che poi rendono le persone Mixed,  fragili e confusi sul loro essere persone.

 

 

Prendiamo il caso dei dibattiti pubblici su personaggi birazziali, come, per esempio Megan Markle o Barack Obama; avete notato come, in questi casi, sono i commentatori monorazziali che dominano i dibattiti pubblici su quali siano o dovrebbero essere le identità di questi individui. Trovo particolarmente strano guardare i dibattiti sull’identità della Markle o di Obama, sulla TV britannica e americana, se non sporadicamente, su quella Italiana, in cui tutti sono monorazziali, neri o bianchi, senza le voci di persone  miste. Un pannello tutto bianco che discute su cosa significa nerezza o viceversa. Storicamente condizionati dalla necessità di sopravvivere in una società dominate da singoli gruppi razziali, i meticci, raramente contestano questa imposizione. Invece, semplicemente, ci si adatta a qualsiasi etichetta di identità che chi ci circonda ha deciso di assegnarci o che sia emersa a seguito di conflitti interrazziali storici.

 

 

Definire un’identità è un processo molto difficile, complesso e a cui concorrono diversi elementi (l’etnia, la lingua, la provenienza geografica, l’appartenenza cultura, la fede religiosa, la famiglia, il fenotipo …. ). Si tratta però di un processo che parte dalle parole e arriva a influenzare il modo in cui, poi,  narriamo la nostra multietnicità.

 

 

Alcune persone mi vedono come nera? Probabilmente.

Vengo mai trattata ingiustamente dal mondo perché presume che io sia nera? Probabilmente.

 

Ma cosa c’entra tutto questo con chi sono veramente? Perché questo significa che devo negare la mia identità razziale e fingere di essere qualcosa che non sono? Il modo in cui scelgo di identificarmi razzialmente non dipende interamente da come mi vedono gli altri. Sono figlia di una madre nera e di un padre bianco ed è così che mi identifico. Non posso pensare di essere quel unicorno che tanto vorrei essere. Sono una persona le cui esperienze sono state modellate dal mio patrimonio misto. Sono una persona che crede nell’inconsistenza della genetica e dell’antropologia sull’argomento razze: fosse per me, dovessi “analizzare” una persona, non mi baserei di sicuro sul suo fenotipo o sulle sue caratteristiche fisiche, ma darei assoluta importanza alla sua essenza e alla sua persona, alla sua capacità di essere presente a sé stesso e non in balia del vento. Ed anche in questo, non mi permetterei mai di asserire che una persona sia “meglio” di un’altra, tanto meno se decide di negare parte di sé. Ciò che mi permetto di dire, invece, è che bisognerebbe avere la lucidità mentale di cogliere la propria realtà, accettarla, per poi costruirvi sopra tutti i gingilli psico-attitudinali che si vuole. Non condannare alla gogna ed al disprezzo sociale, a priori, chi si accetta per quello che è e che ne è felicemente identificato.

 

 

Viviamo in un contesto dove, ormai, noi Mixed possiamo scorgere, costantemente, molti altri come noi ed intorno a noi. Il senso di vulnerabilità che deriva dal sentire che le persone come te sono una piccola minoranza nella società, sta scomparendo. Mentre molti lottano ancora con le contraddizioni e le incertezze della navigazione tra identità razziali multiple, c’è anche una crescente consapevolezza sul fatto che è giunto il tempo che anche la società monorazziale inizi ad adattarsi a noi, non solo il contrario. Non siamo noi che siamo confusi sull’essere Mixed, quanto la società che è confusa su come comportarci con noi e con ciò che vedono e leggono come ambiguità.

 

 

I giorni della purezza razziale, che sia nera, bianca o asiatica, sono finiti e sono, piuttosto, un’idea della old school di qualsiasi matrice. La nuova generazione non accetterà l’idea di confini razziali e identitari fissi o persone che impongono chi o cosa è permesso loro di sentirsi. Poche persone ragionevoli, oggi, contesterebbero il fatto che la razza sia un costrutto sociale, qualcosa che noi umani abbiamo immaginato in esistenza. Il che non toglie in alcun modo il suo potente impatto sulla vita quotidiana delle persone. Ciò che alla fine conta è ciò che le persone credono sia importante. La buona notizia è che ciò che è stato immaginato può essere reinventato. La chiave è ricreare i costrutti sociali di razza e identità, spogliandoli della loro inconsistenza originaria, in un modo che offra la maggiore opportunità possibile per le persone di prosperare. Quando si tratta di persone Mixed, il modo per iniziare è che la società ci chieda chi siamo, non che ce lo dica.

 

 

E noi dobbiamo essere pronti a dare la risposta corretta, non influenzata dal senso di inferiorità, dall’arroganza, né, tantomeno, da una società che si aggrappa disperatamente alla fantasia di un mondo utopico post-razziale, perché riconoscere la disuguaglianza razziale è accettare la colpevolezza. Questo è un vero problema di ignoranza volontaria, anche da parte nostra. Il non volere approfondire, andare più a fondo, scegliere ciò che non ci dia più di tanti patemi d’animo. Ci facciamo usurpare della nostra reale identità mista, permettendo un vero furto di identità. Un furto che prende tutto ciò che siamo e tutto ciò che abbiamo fatto e lo spoglia finché non rimane altro che la nostra pelle. E non ci rendiamo nemmeno conto di essere in balia dei capricci degli altri ed al fatto che, comunque sia, non saremo mai uguali a loro, nella loro mono-razzialità. Trovo che anche questo sia una forma di razzismo (intesa proprio come presunta superiorità di una razza sulle altre, con lo scopo di favorire o determinare discriminazioni sociali); quel razzismo per cui scendiamo tutti in piazza a combattere.

 

 

L’ho scritto prima e lo ribadisco qui: ciò che è stato immaginato può essere reinventato. Abbiatene consapevolezza. La vostra auto – identificazione potrebbe farvi sentire fragili e confusi perché costretti a tenere un piede in due scarpe (le due scarpe delle vostre identità) ma è arrivato il momento di abbracciare questo ed accettarlo. Esternare chi siete veramente, condividere le vostre origini, esprimere il vostro orgoglio di essere una donna/uomo meticcia/o forte e sicura/o di sé. Essere abbastanza, esattamente come siete.

 

 

 

 

Luisa Wizzy Casagrande, Biracial, Bicultural, Mixed & Matched with an Italian and Nigerian Heritage.

 

Sono un’imprenditrice multidimensionale, poliedrica, multipotenziale, con molti interessi e innumerevoli passioni. Appartengo alla tribù delle “donne rinascimentali” , dinamiche e vibranti e non vorrei che fosse diversamente. Non sono programmata per fare solo una cosa nella vita.

Ho una formazione di Antropologia Biologica, Co-Fondatrice e CVO di DOLOMITES AGGREGATES LINK NIG. LTD, ricercatrice e freelance di studi africani, cultura, tradizione e patrimonio, e fondatrice di Métissage Sangue Misto, un utile WebMag, una comunità riservata, basata sui principi dell’intelligenza Emotiva e Intelligenza Culturale, del mentoring e dell’auto-potenziamento dell’identità delle persone Mixed e multiculturali. Métissage Sangue Misto è stato fondato in Italia, per celebrare e aiutare le persone miste e multiculturali a trovare ispirazione e vivere la propria dualità/pluralità valorizzandole.  IG MBA Métissage Boss Academy , MBA Metissage & Métissage Sangue Misto. , Telegram Channel, e ClubHouse come  @wizzylu), sono spazi sicuri che ho creato, dove navigare in una profonda ricerca di sé stessi attraverso piccole grandi scoperte, condividendo l’esperienza del “vivere misto” ed agendo come un ponte tra due (o più) culture.

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