Perché abbiamo degli shock culturali.

E’ una questione di cultura, di transizione e di arte dell'adattamento.

 

In qualità di formatrice interculturale e di Expat Mentoring aiuto Organizzazioni, C-Levels, Team Multiculturali, Espatriati, nomadi globali e ragazzi di terza cultura ad affrontare, in modo armonioso, i complessi cambiamenti culturali e a sfruttarli per la loro crescita personale.

 

 

Come il camaleonte, animale affascinante e un maestro assoluto di adattabilità, apro i miei Mentee ad un mondo di sopravvivenza (io però la chiamo vivere a pieno) e mimetizzazione nell’ambiente in cui si muovono, rispettando quello Darwin spesso menzionava: “Non è la specie più forte a sopravvivere, né la più intelligente, ma quella più reattiva al cambiamento”.

 

 

Io stessa mi considero un camaleonte culturale perché sono cresciuta in diversi contesti culturali, tutti (apparentemente) diversi tra loro. Ogni cultura, ogni spostamento e le persone che ho incontrato hanno plasmato notevolmente la mia personalità, la mia visione del mondo e il mio modo di affrontare la vita. Come per molti altri che hanno avuto un’educazione internazionale di questo tipo – una tribù nota anche come “Third Culture Kids” – è stata una delle mie strategie di sopravvivenza affrontare con flessibilità i cambiamenti e adattarmi rapidamente al nuovo ambiente.

 

 

Di conseguenza, la transizione è lo stato in cui mi sento più a mio agio. Considero la stasi e la routine terribili (seppur utile per acquetare l’animo) . Proprio come il camaleonte, sento di dover costantemente uscire dalla mia vecchia pelle. La necessità di continuare a evolvere si manifesta in molti modi diversi: un trasferimento in un nuovo Paese, un nuovo lavoro, una nuova avventura di viaggio, un nuovo sport o, in sostanza, reinventarmi da capo. Sono estremamente fortunata ad avere una famiglia meravigliosa che mi dà e mi chiede coerenza, oltre ad amici fantastici che mi sostengono. Insieme, mi tengono con i piedi per terra e con le radici.

 

 

Il ritmo con cui “mi spoglio” (i camaleonti perdono la pelle frequentemente; quando sono giovani e crescono rapidamente, rinnovano la pelle ogni tre o quattro settimane. Da adulti, si liberano ogni due mesi circa per adattarsi ai cambiamenti di peso e rinnovare le vecchie squame) è rallentato con l’avanzare dell’età, ma questo irrita ancora alcune persone intorno a me, e lo capisco. Proprio quando pensavano di avermi capito e di potermi finalmente mettere in una scatola mentale, il prossimo cambiamento fa peek-a-boodietro l’angolo.

 

 

Ma è proprio questo che rende un camaleonte un camaleonte: la sua capacità di trasformarsi. Sentirmi a mio agio con il cambiamento, la transizione e la crescita sono in realtà i miei superpoteri e trovo molto appagante incoraggiare gli altri nel loro viaggio attraverso le culture.

 

 

Può succedere, però, che una persona che lascia il comfort della propria casa e dell’ambiente familiare, per trasferirsi in un ambiente sconosciuto, non riesca ad adattarsi al nuovo contesto, innescando sentimenti di incertezza, confusione o ansia che possono sfociare in una serie di sintomi in grado di variare notevolmente da persona a persona in termini di portata e intensità, come una forte nostalgia di casa, una sensazione di impotenza e di isolamento, disorientamento, irritabilità, tristezza costante, disturbi del sonno e dell’alimentazione o paranoia.

 

 

Lo definirei meglio come una sensazione di disorientamento quando ci si trasferisce in un ambiente culturale diverso. È strettamente legato al lutto migratorio, in cui non si soffre solo per le perdite fisiche (mancanza della famiglia, ecc.) ma anche per quelle astratte (come la patria, lo status, l’identità sociale). Un’esperienza molto individuale e può variare, da non verificarsi affatto, a durare diversi mesi.

 

 

Questi shock possono anche avere un forte impatto psicologico perché mettono in discussione alcuni dei nostri valori e delle nostre convinzioni. Essi comprendono stress dovuto alla fatica dell’adattamento mentale; smarrimento e nostalgia di casa; sensazione di rifiuto da parte dei membri della nuova cultura; confusione circa il proprio ruolo, le aspettative, i valori, l’identità, sorpresa, paura e indignazione quando ci si rende conto della portata delle differenze culturali; impotenza quando è tutto troppo difficile da gestire.

 

 

 

Le 4 fasi dello shock culturale

 

 

Le persone che subiscono uno shock culturale possono attraversare quattro fasi:

 

 

La fase della luna di miele

La prima fase è comunemente chiamata “luna di miele”. Questo perché le persone sono entusiaste di trovarsi nel nuovo ambiente. Spesso lo vedono come un’avventura. Se il soggiorno è breve, questa eccitazione iniziale può definire l’intera esperienza. Tuttavia, la fase della luna di miele per chi si trasferisce per un periodo più lungo finisce, anche se ci si aspetta che duri.

 

 

La fase della frustrazione

Le persone possono diventare sempre più irritate e disorientate man mano che la gioia iniziale di trovarsi in un nuovo ambiente si esaurisce. La stanchezza può gradualmente insorgere e può derivare dal fraintendimento delle azioni, delle conversazioni e dei modi di fare degli altri. Di conseguenza, in questa fase le persone possono sentirsi sopraffatte da una nuova cultura, soprattutto se c’è una barriera linguistica.

Anche le abitudini locali possono diventare sempre più impegnative e i compiti prima facili possono richiedere più tempo per essere portati a termine, portando alla stanchezza. L’incapacità di comunicare efficacemente – interpretando ciò che gli altri vogliono dire e facendosi capire – è di solito la prima fonte di frustrazione. Questa fase può essere il periodo più difficile dell’adattamento culturale, poiché alcune persone possono sentire il bisogno di ritirarsi.

Ad esempio, gli studenti internazionali che si adattano alla vita in paesi diversi da quelli della propria origine durante i programmi di studio all’estero possono sentirsi arrabbiati e ansiosi, con conseguente isolamento dai nuovi amici. Alcuni sperimentano disturbi dell’alimentazione e del sonno durante questa fase e possono pensare di tornare a casa prima del tempo.

Gli ostacoli e le incomprensioni della fase di frustrazione sono stati solitamente risolti, consentendo alle persone di diventare più rilassate e felici. In questa fase, la maggior parte delle persone sperimenta una crescita e può cambiare i propri vecchi comportamenti e adottare le maniere della nuova cultura. La nuova cultura, le credenze e gli atteggiamenti possono non essere completamente compresi. Tuttavia, ci si può rendere conto che la comprensione completa non è necessaria per funzionare e prosperare nel nuovo ambiente.

 

 

La fase di adattamento

La fase di adattamento è spesso graduale, in quanto le persone si sentono più a loro agio nel nuovo ambiente. I sentimenti della fase di frustrazione iniziano ad attenuarsi man mano che le persone si adattano al nuovo ambiente. Anche se possono ancora non capire alcuni segnali culturali, le persone diventano più familiari, almeno fino al punto in cui interpretarli diventa molto più facile.

 

 

La fase di accettazione

Durante la fase di accettazione o di recupero, le persone sono in grado di sperimentare e apprezzare meglio la loro nuova casa. In genere, le convinzioni e gli atteggiamenti nei confronti del nuovo ambiente migliorano, portando a una maggiore fiducia in se stessi e a un ritorno del senso dell’umorismo.

Non è un evento specifico a causare lo shock culturale. Può invece derivare dall’incontro con modi diversi di fare le cose, dall’essere tagliati fuori dalle indicazioni comportamentali, dal fatto che i propri valori vengano messi in discussione e dalla sensazione di non conoscere le regole.

 

 

Come superare lo shock culturale.

Sì, lo shock culturale è reale e può causare ansia e stress. Il tempo e l’abitudine aiutano a gestirlo, ma gli individui possono minimizzare l’impatto e accelerare il recupero da esso.

 

 

Il mio consiglio è di riconoscere che si tratta di una parte molto normale del viaggio di acculturazione. È una fase molto spiacevole e dobbiamo essere auto-compassionevoli nei confronti della nostra lotta e raddoppiare la cura di noi stessi:

 

 

  • Ø  Ricordatevi che tutti coloro che si trasferiscono all’estero sperimentano la fase dello shock culturale, ma questo non significa che c’é qualcosa di sbagliato in voi.E’ parte dell’esperienza.

 

  • Ø Non abbandonatevi ai pensieri di casa, paragonandola costantemente al nuovo ambiente.

 

  • Ø Scrivete un diario della vostra esperienza, includendo gli aspetti positivi della nuova cultura. Oppure tenete con voi un barattolo di vetrocon il coperchio e ogni sera scrivete su un fogliettino (che poi inserirete nel barattolo) una parola o una frase che esprima la tua gratitudine per qualcosa che è successo durante il giorno. Questo esercizio ti aiuterà a ricordare che le nostre giornate sono piene di cose per cui essere grato. Spesso, presi dalla frenesia dei nostri impegni quotidiani, ci lasciamo sfuggire la bellezza che c’è nella vita. Il barattolo serve a ricordarcelo.

 

  • Ø Non chiudetevi in voi stessi:siate attivi e socializzate con la gente del posto.

 

  • Ø Siate curiosi, aperti, uscite ed esplorate la nuova città e il nuovo Paese. Più imparerete a conoscere la cultura, più sarete in grado di apprezzarla.

 

  • Ø Coltivate le vostre abitudini preferite da casa. Quando la nostalgia di casa vi colpisce, oltre a chiamare i vostri cari a casa, potete provare a cucinare il vostro piatto preferito. Si chiama comfort food per un motivo! Oppure potete portare con voi un angolo di casa arredando la nuova abitazione con qualcosa che vi faccia sentire a casa anche nella vostra nuova dimora. Questo influenzerà positivamente il vostro umore, specialmente nei momenti in cui potreste essere colti da un po’ di nostalgia.

 

  • Ø Esercitatevi a riorganizzare la situazione ricordandovi tutti i benefici del vostro viaggio: una conoscenza più approfondita della cultura, un orizzonte più ampio, una competenza interculturale, una spinta per il vostro sviluppo personale, una maggiore autostima, flessibilità, più serenità e resilienza.

 

  • Ø Iniziate a costruire la vostra nuova rete locale.Quando, per esempio, si ha una relazione multiculturale e si affronta uno shock culturale nel Paese d’origine del partner, anche se è bello poter contare sulla sua rete, si può sentire il bisogno di conquistare un posto da soli. Siate coraggiosi e fate i primi passi.

 

  • Ø Fissate nuovi obiettivi. Che sia l’imparare un nuovo sport, o suonare un nuovo strumento musicale, questo vi aiuterà a tenere la mente occupata il più possibile. Così facendo non ci sarà tempo per i rimugini.

 

  • Ø Concedetevi del tempo. Ci saranno cose che non capirete, errori che commetterete, ma non per questo dovete buttarvi giù. Ricordatevi che gli errori aiutano ad imparare. Non siate perfezionisti e non chiedete troppo a voi stessi. Il traguardo si raggiunge facendo un passo alla volta e cambiando le scelte fatte che non vi soddisfano più. Datevi tempo anche per l’adattamento climatico, che spesso viene sottovalutato.

 

  • Ø Immaginatevi tra qualche mesequando avrete fatto nuove meravigliose amicizie, avrete vissuto esperienze e avventure straordinarie e le vostre competenze linguistiche saranno migliorate in modo significativo.

 

  • Ø Affidatevi a qualcuno con più esperienza che sappia supportarvi e sostenervi in questa fase della vostra vita con stimoli che guardino agli aspetti positivi della vostra permanenza.

 

 

 

E come affrontano le coppie interculturali questi shock nella loro intimità? Quali sono le chiavi per superare le differenze?

 

Da quello che ho osservato nelle relazioni interculturali dei miei amici e clienti, la chiave è il pieno impegno. Questo vale per tutte le relazioni, ma è particolarmente cruciale per quelle interculturali: rendetevi conto dei vostri valori, convinzioni e preconcetti e discutetene con il vostro partner. Se, ad esempio, la tolleranza è uno dei vostri valori fondamentali, definitela con maggiore precisione perché può avere molte interpretazioni e manifestazioni diverse.

E poi, non arrendersi facilmente, avere pazienza, perdonare eventuali errori di comunicazione, riderci sopra, rimanere curiosi e aperti a conoscere meglio il partner, non saltare a conclusioni affrettate, chiedere due volte se si è capito bene e se si è stati capiti, darsi grazia a vicenda e praticare la compassione per il processo di adattamento del partner.

Di solito le coppie multiculturali diventano esperte nel costruire ponti tra le loro differenze culturali o personali. Ho assistito a una grande creatività e ho ammirato la loro ricchezza di risorse e di strategie di adattamento.

Shock culturali inversi.

 

Poi c’è da considerare anche l’altro lato della medaglia: gli shock culturali che si verifichino quando si torna nel proprio paese, dopo aver vissuto all’estero per molto tempo e questo può causare shock culturali inversi.

Le nostre esperienze e la nostra crescita personale all’estero hanno plasmato la nostra identità e ci ritroviamo a non adattarci più. È un altro grande processo di transizione in cui ci addoloriamo per chi e cosa ci lasciamo alle spalle, compresa la persona che eravamo in quel luogo. E ancora, è una meravigliosa opportunità per reinventarci e crescere ancora di più.

Il processo di riadattamento in patria dopo un lungo soggiorno all’estero è ancora largamente sottovalutato. Ogni volta che torno in Italia, per esempio, dopo un lungo soggiorno all’estero, è diverso a seconda della fase della vita e del luogo in cui sono approdata.

 

 

 

Se avessi saputo allora quello che so ora sulla transizione, lo shock culturale, lo shock da rientro e i Third Culture Kids (I bambini cresciuti in una cultura diversa da quella dei loro genitori o al di fuori del loro Paese di origine per una parte significativa dei loro primi anni di sviluppo), e se avessi ricevuto un supporto specializzato, mi sarei risparmiata alcune deviazioni e alcuni momenti molto difficili.

 

 

Eppure sono grata per ogni singola esperienza. Sono cresciuta enormemente grazie ad esse e non sarei la persona che sono oggi. Per questo motivo, una tra le mie missioni è sostenere gli espatriati non solo durante l’espatrio, ma anche guidarli nel processo di reinserimento.

 

 

 

www.luisacasagrande.com

info@luisacasagrande.com

Archivio