Perché sono featured (in Primo Piano) su “Il Quindicinale”?

La sostanza oltre le apparenze.

 

E’ la domanda più ricorrente e, ad una settimana dalla pubblicazione della mia esperienza di vita e professionale, posso dire, con immensa gratitudine, che le persone sono pronte a recepire un messaggio di apertura, condivisione e approfondimento su un tema considerato oggi, dai più, divisivo, controverso e molto dibattuto.

 

Qualcuno tra i miei haters parla di mania narcisistica di onnipresenza e di protagonismo, altri si avvinghiano come koala ruminanti sulle mie cadute, sulla mia faccia tosta e sull’irreprensibile abitudine a risultare antipatica, una che “se la tira” – così dicono. Niente di più falso, ma non mi interessa (né questa è la sede) giustificare le mie scelte a chicchessia, tanto meno a chi fa fatica a collegare le più banali ed elementari leggi relazionali.

 

Quindi: perché sono finita in prima pagina?

 

Voglio pensare che, al di là dell’interesse per la mia multidisciplinarietà,  sia perché una storia come la mia può essere di ispirazione a molti che lavorano a contatto con le problematiche sulla diversità e della tanto agognata inclusione (parola che personalmente mi piace poco e potete capire il perché se seguite la WebMag e le pagine Social di Métissage Sangue Misto).

 

Voglio pensare che nel trattare questo tema, i diretti interessati abbiano potuto comprendere quanto fosse importante ascoltare e sperimentare chi in questa condizione di “diversità” vi è nato, cresciuto, vissuto e continua a studiare (da più di un ventennio!!) strumenti per sovvertire lo stato ordinario delle cose.

 

Voglio pensare che educatori sensibili al tema possono carpire suggerimenti utili per gestire le loro classi multiculturali nel nome del rispetto reciproco e nella consapevolezza di come certi atteggiamenti di spassionato buonismo, a volte, sortisce effetti contrari a quelli che si vorrebbero attuare.

 

Voglio pensare che i bambini e i ragazzi (quelli che io chiamo i miei teens) si siano rispecchiati in alcuni frammenti della mia esperienza trovando spunto su come “integrarsi” (mi piace di più appartenere) in un contesto sociale ancora immaturo, ma propenso ad evolvere verso un’apertura mentale sorprendente. Loro sono davvero la mia speranza più immensa!!!

 

 

Portare con sé la propria identità culturale in un contesto “diverso” non è un lavoro semplice. Non lo è soprattutto perché è umanamente impossibile comprendere chi vive esperienze completamente diverse dalle proprie, nemmeno con tutta la più buona volontà nell’empatizzare con l’altro. Eppure trovo che condividere il proprio background culturale, con la costanza di un martello pneumatico, sia una delle uniche soluzioni per rendere “normale” ciò che fino a qui non lo è stato. E’ un modo “naturale” per far comprendere che le differenze non devono essere fonte di divisione e di stigma, bensì una immensa e preziosa opportunità per creare basi di scambio culturale, intellettuale e professionale. Un modo sinergico anche per coloro che si sentono quotidianamente costretti a scegliere tra l’autentica espressione di sé e il successo relazionale, sociale o professionale.

 

 

Il mio scopo principale (rappresentato e interpretato dalla mia attività  Métissage Dynamics©) è quello di creare un ambiente in cui si riconosce e si rispetta il fatto che le persone sono “tutte uguali e tutte diverse”, e dove si è consapevoli delle implicazioni di tali differenze nel contesto sociale,  lavorativo ed educativo,  sviluppando i necessari approcci per mettere a valore queste differenze sempre più rappresentative di un mutato contesto sociale. Non amo affrontare il tema considerandolo un problema da amministrare e minimizzare, perché ci porterebbe a limitarci al mero rispetto degli obblighi di legge, rinunciando ciecamente ad una opportunità, subendone le conseguenze negative.

 

 

Una volta chiarito cosa fosse per me diversity, il saperlo gestire è diventato il mio mantra, forte delle mie innumerevoli esperienze professionali, di approfonditi studi e ricerche sul tema e della cospicua (ma per me NON rilevante) collezione di certificazioni e attestati. Per chi come me ha imparato a destreggiarsi tra le complessità sociali e culturali, risulta spontaneo trovare profonda motivazione a studiare e dedicare parte della propria vita a come le persone possano superare le differenze e creare una comprensione più intensa. Nel fare questo, però,  desidero sottolineare come sia fondamentale che l’educazione arrivi da chi “diverso” è, perché l’unico con spiccata capacità di leggere la diversità stessa e di cogliere quelle sfumature di significato che qualcun altro non sarebbe in grado di comprendere.

 

 

Non sono le chiacchiere sul tempo o sui programmi del fine settimana ad avvicinarci agli altri o a renderci “inclusi” nella società. Neanche la semplice rivelazione di informazioni che alludono a differenze culturali è sufficiente. Ciò che funziona è la ricca espressione dell’identità culturale, che va oltre la superficialità,  finalizzata a rivelare parti dell’io interiore legate alla propria identità culturale.

 

 

E’ necessario che questo percorso sia supportato da qualcuno consapevole del valore di una cultura inclusiva/appartenenza delle diversità. Qualcuno che comunichi questo valore culturale e che pretenda un modo di agire coerente, basato su un forte valore di rispetto, di ascolto, e di dignità. Non basta avere delle posizioni, dei ruoli dedicati a ciò e non basta dichiararlo: bisogna metterlo in pratica e farlo in modo diffuso.

 

 

Diversity, al di là della chiara matrice etimologica comune (di-vergere, uscire dal sentiero abituale), significa uscire dalle proprie zone di comfort, di abitudini, significa assumersi rischi, mettendo in discussione sé stessi, le proprie certezze, le proprie abitudini. Significa crederci, avere una visione che ci stimoli e che ci porti in questa direzione, riuscendo a sormontare le barriere comunicative e la naturale resistenza al cambiamento. E oggi, il vivere assieme presuppone una continua negoziazione e conciliazione di interessi diversi, spesso divergenti. Abbiamo tutti la necessità non procrastinabile di dover dialogare e relazionarsi con un pluralismo di soggetti consapevoli di aver diritto a un “legittimo riconoscimentodi sé e della diversità (di qualsiasi natura essa sia) di cui sono espressione. Un’ aggregazione di tanti membri che difendono tenacemente il loro diritto di essere riconosciuti. Anche e soprattutto in quanto Alterità.

 

 

 

Abbiamo bisogno di cambiare prospettiva governando le relazioni non attraverso il controllo ma attraverso la costruzione di relazioni. Abbiamo bisogno di proporre uno spazio in cui attivare e sviluppare le relazioni e questo spazio deve essere necessariamente il luogo del riconoscimento reciproco. E il riconoscimento reciproco passa dall’ascolto e dalla comprensione della diversità di cui ciascun individuo è espressione.

 

 

Siamo ANCHE noi “diversi” a dover dare, per primi, l’esempio di un’apertura mentale e di un modo di atteggiarsi davanti agli eventi della vita, in modo straordinario. Per esempio, Invece di rifiutare un invito a pranzo perché si sta digiunando per il Ramadan, un musulmano può parlare del perché questa osservanza religiosa sia importante per lui. Invece di parlare dell’ultimo film che ha fatto scalpore agli Oscar, un italo-coreano può raccontare di quanto sia stato gratificante vedere un cast prevalentemente asiatico sul grande schermo.

 

 

 

 

 

Una ricca espressione dell’identità culturale aumenta l’ inclusività (appartenenza!) e le opportunità relazionali in tre modi.

 

In primo luogo, porta le persone a rispettare maggiormente le persone appartenenti a minoranze. Condividendo informazioni culturalmente rilevanti, le minoranze possono essere in grado di sfatare o riformulare gli stereotipi della maggioranza e aumentare il loro valore sociale. Quando si considera la possibilità che le persone abbiano già i loro stereotipi preconcetti sui diversi gruppi culturali, una ricca espressione culturale non può che portare ad una crescita. Date alle persone la possibilità di cambiare il modo in cui vedono voi e il vostro background. Può elevare lo status di appartenenza al gruppo di quella persona agli occhi degli altri.

 

 

In secondo luogo, la ricchezza espressiva favorisce la vicinanza perché la condivisione di informazioni personali sulle differenze culturali è un atto di fiducia. Segnala alla maggioranza che sono dei confidenti che capiranno e apprezzeranno ciò che viene condiviso.

 

 

In terzo luogo, quando le persone di una minoranza condividono, aumentano l’apprendimento del gruppo di maggioranza. Più credono di poter imparare da qualcuno appartenente a una minoranza, più è probabile che lo includano nelle interazioni professionali e sociali, ad esempio aggiungendolo a un progetto importante o tenendo conto della sua opinione.

 

 

Dall’altro canto, è necessario per gli appartenenti alla maggioranza, creare situazioni in cui gli appartenenti alle minoranze non si sentano costretti a dare spiegazioni sul loro background culturale a beneficio degli altri. Permettere alle persone provenienti da minoranze (magari condividendo informazioni personali soprattutto in modi che mostrino vulnerabilità) di aprirsi in modi che li aiutino a sentirsi più autentici o connessi. Impegnarsi maggiormente sull’ascolto, sull’apprendimento e sul sostegno dell’altra persona, piuttosto che sull’espressione di giudizi su di lui persona o sul suo gruppo. Questo perché le opinioni dell’ascoltatore possono essere influenzate da stereotipi o pregiudizi in modo inconsapevole. Ad esempio, si pensi a una persona di colore diverso dal bianco che affronta un argomento come l’incontro fatale tra un agente di polizia e un’altra persona di colore. In risposta, qualcuno può esprimere la propria opinione su come interpreta l’incontro e forse involontariamente sottintendere che pensa che la persona di colore diverso dal bianco sia colpevole.

 

 

 

Si tratta di argomenti difficili da trattare, ma l’obiettivo di una ricca espressione dell’identità culturale è quello di creare un legame con gli altri, non di dividere. Si tratta di potenziare le relazioni tra gli individui e dei gruppi grazie ad un clima positivo, basato sul rispetto e sulla valorizzazione delle differenze. Si tratta di permettere maggiore creatività ed innovazione, aprendo gli orizzonti, generando maggior numero di punti di vista e quindi molteplici soluzioni a fronte di problemi. Si tratta di stimolare la curiosità intellettuale che genera un costante progresso e potenziare la capacità di essere globale e locale contemporaneamente.

 

 

 

 

Ed io, grazie alla proposta del Dott. Michele Zanchetta, che ancora ringrazio insieme alla redazione, ho accettato di iniziare proprio da “Il Quindicinale” per portare l’entusiasmo e la preziosa utilità del mio lavoro, dove ve ne fosse necessità.

 

 

 

 

 

 

Luisa Casagrande. Life, Soul and Business Senior Mentor. Chief Diversity Officer e Founder. Investo molto sulle persone e sullo sviluppo del capitale umano, lavorando sui talenti e sulla valorizzazione delle singole specificità. Vivo tra Lagos e Treviso.

 

Ho una formazione in Relazioni Diplomatiche Internazionali, Antropologia Biologica e Studi di Africanistica. Sono Co-Fondatrice e CVO di un Azienda Mineraria in un contesto particolarmente vivace e vigoroso quale quello del Continente Africano. Ricercatrice freelance di studi, cultura, tradizione e patrimonio africani, Executive & Cultural Mentor accreditata presso la SIM, Scuola Italiana Mentoring, e fondatrice di Métissage Sangue Misto, un progetto dedicato al mondo delle persone di identità intersezionali e multiculturali.

 

Mi sono appassionata profondamente al mondo del Mentoring dopo aver conseguito l’accreditamento SENIOR Practitioner e l’attestato di qualità e qualificazione professionale dei servizi ai sensi della legge 4/2013 (MISE – Ministero dello Sviluppo Economico). Ho continuato la mia formazione in ambiti di Competenza Culturale, Management Development Program, Racial Equity Training, Diversity & Inclusion Management, Tribal Leadership Intensive Training, Insight Dialogue e IAP Professional + di THT (Trompenaars Hampden – Turner) per la consapevolezza interculturale. Ho sviluppato un particolare programma per la valorizzazione delle Persone Altamente Sensibili (HSP – High Sensitive People) nel luogo di lavoro e nella scuola, acquisendo così ruoli di Certified Training Executive, Certified Diversity Executive e Chief Diversity Officer.

 

Attualmente svolgo ruoli di Senior e Executive Mentor nell’ambito della Diversità, Equità, Inclusione & Appartenenza Culturale,   sociale   e   aziendale e della Leadership; mi occupo di progetti di inclusione lavorativa e sensibilizzazioni nelle aziende sui  temi della Diversity & Inclusion, lavorando in ambienti e contesti molto diversi (piccole imprese, aziende internazionali, uffici governativi e attività locali italiani e del West Africa), con un approccio in grado di coniugare obiettivi di business e di sostenibilità nel tempo, favorendo processi di inclusione e di benessere organizzativo e individuale.

 

Mi occupo, inoltre, di formazione, valutazione e sviluppo maturando una solida esperienza nella progettazione ed erogazione di attività formative e Mentoring e nella realizzazione di interventi di Assessment/Development di posizioni manageriali e di recruiting di Professional e Manager, spaziando anche nell’ ambito dell’inclusione culturale, dell’engagement, della motivazione, della valorizzazione delle diversità etnico-culturali, del parent & teen training, della gestione della genitorialità, delle problematiche di formazione dei ragazzi nella realtà scolastica e sociale. Particolare attenzione dedico ai temi legati all’interculturalità, alla valorizzazione professionale e sociale delle Persone Altamente Sensibili (PAS), al mondo della multiculturalità nel suo insieme (nell’ambito individuale, sociale e professionale) e con il Progetto Mentoring “Métissage Sangue Misto”, di cui sono la Fondatrice, porto avanti un profondo lavoro sull’intersezionalità delle persone Mixed  (aventi, cioè più di una identità culturale), aiutandole a valorizzare la propria unicità e la propria ricchezza pluri-identitaria.

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